Né mercato né stato ma commons in ricordo di Elinor Ostrom


Né mercato né stato ma commons
Da il manifesto del 17 giugno riportiamo il ricordo di Elinor Ostrom, unica donna premio Nobel per l'economia, scomparsa qualche giorno fa scritto da Enrico Grazzini

Elinor Ostrom, l'unica donna ad avere vinto il premio Nobel per l'economia grazie alle sue ricerche scientifiche sui beni comuni, è scomparsa martedì mattina all'età di 79 anni. Ostrom è una figura assolutamente anticonformista ed eccentrica nel panorama delle scienze, e delle scienze economiche in particolare. Gli economisti (con pochissime eccezioni anche in Italia) l'hanno snobbata perché il suo approccio, pure rigorosamente scientifico, non era formale e astratto/quantitativo, né tanto meno monodisciplinare e dogmatico. Ostrom era innanzitutto una scienziata politica che ha affrontato e analizzato "dal vivo" il problema misconosciuto delle risorse comuni - ovvero dei molti beni materiali e immateriali che non si possono non condividere, come le scienze, l'ambiente, le foreste, Internet e le reti, le informazioni, l'acqua e i sistemi di irrigazione, le strade, i pascoli, il software, Wikipedia. Ostrom ha trattato la questione dei commons da un punto di vista interdisciplinare (in effetti l'unico efficace). Nel suo libro più noto, Governing the commons, passa in rassegna i casi di gestione comunitaria dei beni comuni analizzandoli innanzitutto sul piano dell'efficienza e della sostenibilità economica, ma utilizzando anche la teoria dei giochi e delle decisioni, la sociologia e l'antropologia; inoltre i risultati scientifici del suo lavoro riguardano più o meno direttamente la politica, il diritto e la scienza dell'amministrazione.
Ostrom arriva presto alla sua più importante scoperta scientifica: i beni comuni possono essere gestiti più efficacemente, sul piano produttivo e della sostenibilità, dalle comunità interessate che dai privati o dallo Stato. Se i privati, le corporations o lo stato gestiscono i beni comuni, allora quasi sempre generano inefficienze, sprechi, insostenibilità. Pensiamo a Internet: se la rete fosse gestita esclusivamente dalle Telecom o da Apple o da qualsiasi altra corporation, o dagli stati e dai governi, non sarebbe più aperta e innovativa, sarebbe limitata, chiusa, e quindi antieconomica e inefficace. La Ostrom non evidenzia però leggi universali. Uno dei suoi motti era: «no panacea», ovvero: non esiste una soluzione valida per tutti i casi. Le comunità locali possono (e devono) affrontare efficacemente i problemi che li riguardano. Ma le soluzioni non sono garantite.
Ostrom, a differenza di molti economisti, ha passato buona parte della sua vita a fare ricerche sul campo: ha verificato in anni di lavoro passati in molti paesi del mondo che le foreste africane, i pascoli alpini, le acque costiere di pesca, le falde acquifere, i sistemi di irrigazione sono gestiti in maniera economicamente efficiente, equa e sostenibile dalle comunità che utilizzano direttamente questi beni comuni. Ostrom ha così sconfessato la teoria, prima di lei (e in parte tuttora) dominante, della "tragedia dei beni comuni" elaborata dall'ecologo Garrett Hardin. Secondo Hardin i beni comuni sono per forza depredati dai singoli membri delle comunità che sono interessati a prendere per sé tutto il possibile, innescando così una corsa di tutti contro tutti che rovina inevitabilmente i commons. Per evitare la "tragedia" diventa allora necessario, secondo Hardin, che i commons diventino proprietà dello stato o dei privati. Solo lo stato e i privati potrebbero infatti regolamentare e preservare i beni comuni.
Ostrom, al contrario, dimostra che i commons possono essere gestiti ottimamente, anche per secoli, da comunità che riescono a darsi delle regole e ad autogovernarsi.
In tutti i consessi internazionali Ostrom ha invocato la partecipazione delle comunità locali alla gestione dei commons. Lei stessa ammise però che molte comunità possono fallire: come scienziata anti-dogmatica è stata in grado di esplicitare anche i punti deboli della gestione comunitaria dei commons. Ha riconosciuto molte cause di fallimento: per esempio, se gli interessi dei membri delle comunità sono troppo divergenti, se le regole di gestione non sono sufficientemente condivise, se è difficile monitorare l'osservanza delle regole e applicare sanzioni verso chi utilizza i commons fuori dalle norme per motivi egoistici, e se lo stato non riconosce il diritto legale delle comunità sui commons, allora è quasi certo che la gestione comunitaria vada in rovina.
Nonostante l'evidente interesse politico dei suoi lavori, Ostrom ha evitato di prendere posizioni esplicite sul piano politico-elettorale; come scienziata era innanzitutto preoccupata di dimostrare la validità delle sue ipotesi utilizzando le più svariate metodologie scientifiche: analisi sul campo, analisi statistiche, studi di laboratorio, focus group, ecc. Era un'infaticabile organizzatrice e ha dato un impulso formidabile allo studio globale dei commons: ha fondato nel 1973 con il marito Vincent Ostrom, il Workshop in Political Theory and Policy Analysis, presso l'università dell'Indiana; ha organizzato una banca dati di migliaia di casi di studio sui commons, ha avviato decine di iniziative per l'analisi e la difesa dei commons. Il centro dell'Indiana lavora tra l'altro con l'Onu e con le maggiori organizzazioni internazionali e americane, dispone di una rete estesa e semiglobale di ricercatori e lavora con i gestori forestali di parecchie nazioni, oltre che con i funzionari delle risorse idriche negli Stati Uniti occidentali, i riformatori governativi in Liberia e i costruttori di pace in Sudan.
L'opera teorica della Ostrom ruota intorno ad alcuni concetti originali e di fondamentale interesse (che tra l'altro in Italia sono tuttora poco conosciuti): il concetto di policentrismo, di comunità, di cooperazione e di fiducia. Il policentrismo implica che siano riconosciuti centri decisionali indipendenti all'interno di un unico sistema per aumentarne la flessibilità e la reattività. In contrasto con il metodo gerarchico, il policentrismo ridimensiona il ruolo del governo centrale in un sistema politico, economico, amministrativo o ecologico, ed esalta invece la self-governance. Non a caso Ostrom era un'ammiratrice di Tocqueville e del bilanciamento dei poteri legislativo, esecutivo e giudiziario. Secondo la scienziata americana anche l'economia dovrebbe essere organizzata in maniera policentrica e fondata su tre pilastri: i commons, il mercato e lo stato. Ostrom sconfessa così le teorie neoliberiste basate sul primato assoluto del mercato e delle aziende private, e sulla loro presunta efficienza nell'allocazione e nella gestione delle risorse. E contrasta apertamente le teorie e le pratiche centralistiche dello stato e dell'amministrazione pubblica.
Una delle prime scoperte della Ostrom è che a Los Angeles le sedi decentrate di polizia funzionavano meglio - con meno costi e più efficacia preventiva - dei grandi dipartimenti metropolitani, grazie alla cooperazione spontanea dei cittadini nel monitoraggio delle realtà di quartiere. In generale Ostrom suggeriva di decentrare le amministrazioni e di organizzare la cooperazione dei cittadini per rendere più trasparenti ed efficaci le attività pubbliche. Inoltre ha indicato che spesso il policentrismo e la sovrapposizione delle diverse amministrazioni pubbliche, apparentemente disfunzionale e caotico, può invece spesso essere più efficace e meno costoso del centralismo autoritario (questo ci dovrebbe fare riflettere relativamente all'abolizione tout court delle province).
Il policentrismo si applica anche all'ecologia. Per la Ostrom non esistono regole uguali per tutti per risolvere i problemi ecologici e ambientali (no panacea). Non a caso, pur essendo ovviamente consapevole che i problemi ecologici sono globali, Ostrom suggeriva di puntare innanzitutto sull'azione locale: le comunità territoriali hanno infatti un interesse immediato a risolvere i problemi ambientali che vivono sulla loro pelle. Fiducia e cooperazione sono le armi più efficaci delle comunità per affrontare i propri problemi. Al contrario, se lo stato e le corporation intervengono aprioristicamente in contesti che non conoscono, fanno quasi sempre gravi danni, sia sul piano ecologico che economico e politico. L'iniziativa deve partire dal basso, e poi eventualmente mobilitare lo stato e i privati.
Le teorie della Ostrom hanno avuto sviluppi in molte direzioni: per esempio nel campo dello studio delle comunità virtuali e globali di Internet e di Wikipedia, dell'open source, dell'ecologia, delle teorie sull'economia del dono e della reciprocità, e quelle sulla proprietà. Ostrom indica che la concezione giuridica tradizionale concepisce la proprietà essenzialmente come diritto a vendere il bene privato per trarne profitto; ma la scienziata mostra invece altri distinti diritti "di proprietà" relativi ai beni condivisi che magari non possono essere commercializzati, come quello di accesso, di utilizzo dei beni comuni, di esclusione e di gestione. Stimolante è anche la posizione della Ostrom sui beni cosiddetti semicommons, che, come le aziende, combinano la proprietà privata e la gestione condivisa.
Come Marx, Ostrom ha nuotato controcorrente, ha criticato le teorie dominanti e il fondamentalismo di mercato e l'autoritarismo statale, ha posto l'accento sulla cooperazione, l'autogoverno e l'iniziativa diretta e dal basso. A differenza di Marx però, Ostrom era una riformista e non una rivoluzionaria. Ha elaborato teorie più "limitate" e circoscritte: non ha analizzato il capitalismo nel suo complesso, i suoi cicli e le sue crisi, non ha costruito macro-teorie critiche sulla proprietà privata, sulla lotta di classe, sullo sfruttamento del lavoro e sulla dinamica storica: però non ha fatto neppure l'errore di indicare come sbocco inevitabile della storia umana la dittatura del proletariato e poi, come traguardo finale, il comunismo. Proprio per la sua vena antiautoritaria, per il suo antidogmatismo e l'aderenza alla realtà empirica, molti marxisti hanno abbracciato le sue teorie, a volte anche male interpretandola o distorcendola.
Ostrom ci mancherà molto ma le sue teorie sono feconde e daranno molti frutti anche nei prossimi decenni.
In questo senso è ancora viva tra noi.

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